Il Lutto Negato: Affrontare la Morte in Tempo di Coronavirus
Con la parola lutto ci si riferisce generalmente all’esperienza personale di sofferenza che si prova di fronte alla perdita di una persona cara. Il concetto di lutto è tuttavia anche riferito alla ritualità, alle manifestazioni collettive, culturali e religiose che accompagnano la morte.
Chi resta si confronta con un dolore interno, personale ed estremamente soggettivo ma anche con una serie di passaggi che permettono di prendere atto, di salutare a proprio modo chi non c’è più e di elaborare la perdita.
Riferirsi ad un lutto può voler dire anche parlare di altre situazioni, che non implicano la perdita fisica di una persona. C’è lutto quando un animale domestico ci lascia, in una separazione o un divorzio, nella perdita del lavoro, nel pensionamento, nella perdita di autonomia che l’invecchiamento comporta, nella malattia. Sono molte le situazioni che portano a confrontarsi con l’assenza, sono tutti quei casi in cui si perde qualcosa e con essa anche parti di Sé.
In questo contesto mi soffermerò sulla perdita di fronte alla morte nella situazione che abbiamo vissuto e stiamo in qualche modo ancora vivendo: la pandemia da Coronavirus.
Come è cambiato l’approccio al lutto durante la quarantena?
In questi mesi di reclusione siamo stati tutti molto colpiti dai numerosi decessi. Di fronte ai grandi numeri tante persone si sono trovate vicine nell’affrontare il dolore di una perdita, abbiamo empatizzato con tutti coloro che morivano soli o che perdevano qualcuno che non avrebbero potuto nemmeno salutare. Il clima generale è stato quello di profondo sbigottimento, spaiamento e dolore. Mi è capitato più volte di sentire amici o conoscenti dire, di fronte alla morte improvvisa di un loro caro dire: “non mi sembra vero”, “mi sembra che non sia successo nulla realmente”, “sono incredulo”. Come non rimanere colpiti nel vedere al telegiornale o su altri canali informativi le colonne di mezzi militari con le bare o i carri funebri che passavano sotto le case dei parenti stretti per un ultimo, distante saluto.
Il lutto ha da sempre rappresentato per me un’area di profondo interesse ma, più che mai, in questo periodo così lontano dal nostro modo di affrontare la quotidianità, credo sia importante soffermarsi su questo aspetto e aiutare le persone ad affrontare il proprio personale lutto. In queste settimane ho seguito molti seminari e corsi di aggiornamento e questo mi ha permesso di aprire la mente a molte riflessioni.
Ho parlato di lutto negato, di questo si tratta. La quarantena ha tolto alle persone la possibilità del congedo, del saluto, del rendere dignitosa la partenza. Non è stato possibile vedere le salme. Molte persone hanno visto andare via i propri cari da casa senza più avere un contatto o un modo per accomiatarsi. E’ venuto a mancare ciò che serve per far sì che il processo del lutto possa iniziare. Ovviamente non tutte le persone che hanno vissuto questa esperienza andranno incontro a lutti complicati o patologici ma certo è che risulta più difficile affrontare questa sofferenza.
Un aspetto paradossale ma in qualche parte rassicurativo e curativo, è l’aspetto collettivo del lutto durante la pandemia. Tantissime persone, io stessa, si sono trovate a dover piangere la scomparsa di qualcuno, a sentirsi dunque vicini ad altre persone a navigare nello stesso mare. Il dolore non si dimezza ma viene condiviso e rende parte di un tutto più ampio. La sofferenza condivisa rende possibile la sensazione di appartenere ad una storia comune.
Quello che è certo è che, alla fine di questo periodo difficile, sarà necessario prendersi cura di questi lutti negati, darsi il tempo e lo spazio per poter piangere, accogliere la sofferenza per poterla affrontare e per dare ad essa significato.
L’importanza della ritualità nell’elaborazione del lutto
La negazione è una fase normale nel processo di elaborazione del lutto. Rifiutiamo l’idea che possa essere davvero successo, che davvero non sentiremo più quella voce, non vedremo più quel volto. Questo accade soprattutto per morti improvvise, quelle che non ti aspetti, che arrivano come un fulmine a ciel sereno. E’ un meccanismo di difesa sano in queste occasioni perché permette di tenere a bada un dolore che sarebbe al momento insopportabile e avviarsi lentamente ad una fase successiva più consapevole. La durata di questa fase è di circa qualche giorno.
Quello che aiuta la persona a dare un senso e rendere tangibile la morte è il rituale. La veglia, la preparazione del funerale, la sepoltura, il poter vedere e salutare a modo proprio la salma. Sono tutte azioni e usanze che permettono di provare quel dolore, di far fronte alla sofferenza che ci permetterà col tempo di dare un senso alla perdita.
In periodo di quarantena, tutti questi aspetti sono sfuggiti al nostro controllo: la possibilità di guardare la morte da vicino, di prenderne consapevolezza è venuta a mancare. Nei mesi di reclusione, sia per quanto riguarda decessi in ospedale che nella propria abitazione, quei fondamentali riti che da sempre accompagnano i primi momenti della perdita sono stati totalmente annullati. Con essi anche la condivisione del dolore e la possibilità di una vicinanza fisica con parenti e amici che spesso rappresenta esperienza di conforto e sostegno.
Senza un rito, risulta molto difficile dare inizio ad un processo di elaborazione del lutto. Il rito è quell’elemento che ci dice che la morte ha avuto luogo, sancisce una divisione tra un prima e un dopo, permette di dare un tempo e una dimensione agli accadimenti. Senza la possibilità di un rituale si rimane intrappolati in una dimensione di sospensione e incertezza. Per questo risulta importante, in questo momento più che mai, trovare dei riti personali, familiari e collettivi che possano in qualche modo colmare questo vuoto e dare inizio ad un percorso di consapevolezza, di ricerca di significato e di ricostruzione.
Lutto complicato e fattori di rischio
Si parla di lutto complicato o di lutto patologico in quei casi in cui risulta difficile un percorso di elaborazione del lutto, in cui è come se si rimanesse intrappolati nell’esperienza luttuosa di dolore nel tempo e nello spazio.
Indubbiamente, gli aspetti estremamente dolorosi che accompagnano le perdite in tempo di pandemia potranno essere alla base di molti lutti complicati a causa della già citata mancanza di rituali e di condivisione della sofferenza. La lacuna più grande riguarda la non possibilità di garantire una morte dignitosa, un accompagnamento e una vicinanza negli ultimi giorni di vita e durante il decesso. Anche la comunicazione risulta deviata, basti pensare alle informazioni anche tragiche date da medici ed infermieri telefonicamente, senza nessun contatto personale.
Ecco gli aspetti che possono costituire fattori di rischio nell’insorgenza di patologia del lutto: le condizioni della persona malata si aggravano velocemente e inaspettatamente:
Il ricovero costituisce una separazione forzata e traumatica;
L’aver perso più persone care;
Assenza di riti sociali;
Mancanza della possibilità di assistere a funerale e sepoltura;
Mancanza di contatto visivo o verbale con la persona cara;
Comunicazioni date telefonicamente senza contatto personale;
Isolamento sociale perché spesso i congiunti sono stati sottoposti a quarantena;
E’ importante ribadire che la presenza di fattori di rischio non determina per forza l’insorgere di una patologia, molto dipende da diversi fattori tra cui le caratteristiche personali e la capacità di resilienza.
Bambini e partecipazione al lutto
Inevitabilmente, anche molti bambini si sono ritrovati a dover affrontare, assieme alle proprie famiglie il dolore, la perdita e la sofferenza per la morte di una persona cara. Sono stati spettatori ma anche attori di questi lutti e hanno dovuto, a loro modo, dare un senso a quanto accaduto.
E’ importante in questa situazione non dimenticarsi di loro.
Parlare di morte, esprimere il proprio dolore e affrontare riti e lutti con i bambini è da sempre un aspetto critico per molti adulti. La morte è considerata ancora un tabù e ci si ritrova spesso nella condizione di non saper come affrontare l’argomento. Questo accade da sempre ma la quarantena ha amplificato questa difficoltà perché i primi ad essere spaesati e incerti sono proprio i grandi.
Nonostante la sofferenza dell’adulto, è fondamentale che anche i bambini abbiano un loro spazio per comprendere, affrontare e gestire a modo loro questa situazione, ovviamente dipendentemente dall’età che hanno. I bambini si trovano nella condizione di veder improvvisamente andare via persone che amano e che fino al giorno prima erano un punto di riferimento. Ecco, per loro è importante poter ritrovare il prima possibile una dimensione che possano riconoscere e in cui si possano sentire compresi e a loro agio.
Anche per i bambini è importantissimo poter partecipare ai rituali post-morte perché, oltre a sentirsi parte attiva della famiglia, possono anche loro congedarsi e salutare la persona amata nella maniera che sentono più vicina al loro modo di essere. Questo può avvenire in tanti modi, attraverso disegni o lavori simbolici che, a seconda dell’età possano costituire un buon modo per elaborare una perdita importante ed esprimere il proprio dolore.